Teatro.it ha incontrato Eugenia Tamburri, pianista raffinata e etnomusicologa, scelta dal regista Rocco Papaleo per il film ‘Scordato’
Eugenia Tamburri non vive solo di musica; si ciba di esperienze, come lei stessa afferma la vita se la vuole mordere tutta. Molisana di nascita, si trasferisce a Roma per proseguire i suoi studi e le sue sperimentazioni nelle varie forme di arte e comunicazione. Rocco Papaleo la sceglie per il film Scordato come pianista di scena, in una selezione che prevedeva da sceneggiatura un uomo.
Tenace, appassionata e legata alle sue radici, affronta le sfide con curiosità e coraggio, anche quelle lontane dalla sua formazione.
Se ti avessero detto che avresti fatto l'attrice grazie alla musica, ci avresti creduto?
Assolutamente no.
E invece un esordio di tutto rispetto accanto a Rocco Papaleo e Giorgia. Che rapporto è nato sul set?
È stato veramente molto bello, sembra una frase fatta ma c'è stata una bellezza totale: nei modi, nella gentilezza, nel garbo di tutti dagli artisti ai tecnici. È stato un film corale dal primo minuto, dal provino fino al call back. Ancora provo emozioni vive nonostante siano passati due anni dalla realizzazione e pochi mesi dall'uscita nelle sale.
Come hai affrontato il tuo ruolo?
Con naturalezza come normalmente faccio. In Basilicata mi sono sentita a casa, sono Molisana e ho ritrovato laggiù la familiarità negli odori e nei sapori.
Invece come sei arrivata al pianoforte?
Mi sono avvicinata allo strumento a 5 anni, sembra brutto usare questo termine ma è così, per imposizione paterna. Papà, notando uno sviluppato orecchio musicale e da sempre amante della classica, ha tentato con la prima figlia forse di realizzare quel sogno mancato a causa del suo essere orfano di genitori. Però mi sono fidata di lui, anche se guardavo con un po' di invidia gli altri che si andavano a divertire e io invece dovevo studiare. Ho studiato privatamente per tre anni con Andreina, una clavicembalista che è stata poi sempre presente con me dai miei cinque anni fino ai 40 che ne ho oggi. Successivamente ho proseguito gli studi in conservatorio per altri 10 anni conseguendo il diploma in pianoforte, ora il percorso è diventato laurea. Una volta completati gli studi ho lasciato il Molise per venire a Roma.
Sei anche speaker radiofonica autrice e conduttrice oltre che pianista di scena!
Sì ho voluto provare per superare il terrore più grande, quello di andare in tilt in mancanza di un'occupazione. Non di non avere soldi ma proprio di non avere cose da fare. Ho voglia di mordermela tutta la vita, non voglio sprecare i talenti. I miei genitori non erano musicisti o artisti quindi mi hanno sostenuta nei primi anni ma il resto dovevo farlo da me. Anche la radio è un amore paterno, mio papà presentava dei festival musicali locali dove si suonavano strumenti di tradizione popolare come la zampogna o il ‘du bott’. Intorno ai 16 o 17 anni mi volle con lui sul palco.
Fare radio ti è piaciuto?
L'esperienza mi è piaciuta e ho iniziato a prepararmi con un corso di giornalismo sportivo, ho collaborato con Nuova Spazio Radio. Successivamente ho fatto una gavetta come speaker per monografie musicali a Radio Vaticana e Radio Godot. Ma quello che ho dentro è la musica popolare, quella folcloristica tanto che mi sono voluta specializzare in etnomusicologia. Se penso al ‘du bott’, l'organetto tradizionale, a chi cantava le nenie di paese, mi rendo conto che la musica dei campi mi sia rimasta nelle vene.
Si deduce che tu sia amante della semplicità
In verità ci sto facendo caso ora. Quando mi sono trasferita a Roma non avevo vita sociale, mi sentivo un pesce fuor d'acqua, per questo ho iniziato a evadere dal mio campo per capire meglio la tessitura della città che mi ospitava. La musica c'è sempre stata, anche se per un periodo ho voluto staccare per capire meglio, alla fine mi mancava troppo Beethoven e ho ripreso con i miei ritmi consueti. E’ importante essere tenaci, non arrendersi mai.
Io non ho chissà quali cachet, l'importante è che mi basti per vivere. Insegno in conservatorio e mi basta quello che ho se mi fa dormire serena. Come diceva Flaiano ‘La felicità è desiderare ciò che si ha’. Ho affrontato il provino per il film perché volevo fare qualcosa di diverso, consapevole del fatto che ognuno di noi ha una sua collocazione. Un'altra paura è quella di essere ignorante, di non avere la possibilità di approfondire gli argomenti o non leggere tutti i libri che vorrei perché il cervello decide di abbandonarmi.
E il rapporto di Eugenia con la fama?
Ho lavorato con tanti grandi personaggi di cui non conoscevo l'importanza fino a quel momento e ai miei occhi erano persone normali. Certo, mi piace quando mi dicono che sono brava quando il tenore Luciano Ganci mi chiama per esibirci insieme. Ma vorrei che fosse mio marito a dirmi brava, che fosse in camerino con me quando devo andare in scena. Tornando alla tua domanda, forse la semplicità è questa: avere vicino i propri affetti.
Nel tuo curriculum si aggiungono pianista di scena ma anche lungo e cortometraggi!
Sì oltre a lavorare nella pellicola di Rocco Papaleo come pianista ho partecipato ad altri lavori, anche teatrali tra cui lo spettacolo Le Fenicie con la regia di Valerio Binasco andato in scena al Teatro Greco di Siracusa.
Prossimi impegni?
Sto per riprendere i concerti in tournée in Trio Mariozzi e poi con Luciano Ganci avrò delle date in Emilia Romagna Festival per la prossima stagione. Sono stata invitata a Jesi come relatore etnomusicologo e avrò concerti e convegni sparsi: Imola Montecarlo e Lubiana.
Mi piacerebbe completare il mio dottorato di ricerca in filosofia cognitiva perché oltre Beethoven, i filosofi sono altri amici veri.